Commemorazione della Riforma Protestante 2018


Mercoledì 31 ottobre alle ore 18 abbiamo finalmente svelato la scultura in terracotta raffigurante Martin Lutero, opera dell’artista palermitano Mariano Brusca, donato alla nostra chiesa. La scultura è posta sotto il portico della chiesa ed è visibile dalla strada. È stato un evento partecipato, con gli interventi dello storico dell’arte Gaetano Bongiovanni della Soprintendenza Regionale ai Beni Culturali e della storica dell’età della Riforma Silvana Nitti dell’Università Federico II di Napoli.

In fondo troverete il link a un’intervista radiofonica rilasciata da Mariano Brusca, ma prima pubblichiamo il testo della predicazione del pastore Peter Ciaccio per il culto di commemorazione della Riforma Protestante che si è tenuto in seguito allo svelamento.

Dov’è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; poiché riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge.

Romani 3,27-28.

Oggi è un giorno pericoloso. È un giorno che noi protestanti viviamo con particolare orgoglio, un orgoglio a volte piccato. Quanti protestanti si mostrano contrariati dal fatto che, se apri Facebook, è pieno di zucche di Halloween. E non sono piccati perché Halloween ha le zucche, ci son le streghe, si esorcizza la paura calandosi in una dimensione horror. Non sono piccati perché Halloween sarebbe una festa satanica, figurarsi! Diversi protestanti sono risentiti perché invece delle zucche vorrebbero vedere immagini di Lutero che martella le 95 tesi alla porta della Chiesa del Castello di Wittenberg.

Perché tutte queste zucche, tutte queste streghe, tutti questi film horror e nessun Lutero? E, almeno guardando i miei contatti, i Lutero pullulano, c’è una lotta impari per occupare le bacheche, per occupare internet: Lutero contro zucche, tante zucche, troppe zucche. È una lotta che alla fine si perde, alla fine fa rimanere male, perché è brutto perdere contro le zucche.

Ecco, mi piacerebbe che Lutero fosse qui tra noi e assistesse ai nostri turbamenti da tastiera. Probabilmente bisognerebbe legarlo, anzi tappargli la bocca, perché non ci piacerebbe quello che avrebbe da dire su di noi. Ma quali zucche! Ma che vi importa! Ma lasciate che i bambini si divertano a intagliare zucche! Voi pensate ad altro.

La Riforma non nasce come competizione. La Riforma nasce per rispondere a una domanda importante, seria, che si domanda anche il nostro mondo laico, secolarizzato, ipertecnologico. La domanda è: l’essere umano è solo? Siamo soli? Siamo abbandonati a noi stessi, alle nostre capacità e alle nostre falle? Siamo abbandonati al dominio del più forte tra di noi, siamo lasciati soli con i più furbi, con i più violenti? O anche, qualora non mi ritenessi una grande testa, sono lasciato solo con quelli più bravi e intelligenti di me?

No, la Riforma non nasce come competizione. La Riforma sposta la competizione, forse inevitabile per l’essere umano, a un livello più basso. Al livello più alto non c’è competizione, perché al livello più alto c’è solo Dio. E non lasciamoci ingannare dall’aggettivo “alto”.

Non parliamo di un Dio alto, lontano, sette cieli sopra di noi. No, è il livello più alto nel senso che è il livello più profondo, più intimo dell’essere umano. È qui nell’intimo, nel profondo, che incontriamo Dio, perché Dio ci incontra in Cristo, attraverso l’esperienza vera e completa della nostra carne, delle gioie e dei dolori dell’essere pienamente umano.

È un giorno pericoloso, il giorno della Riforma, perché potremmo pensare che oggi festeggiamo noi. Ovviamente “noi” contrapposto a “loro”. E che siano zucche di Halloween o fedeli cattolici, non fa differenza. È sempre un “noi contro loro”. No, oggi non festeggiamo noi. Oggi festeggiamo la liberazione dalla competizione con gli altri e con noi stessi.

Quando Lutero sostiene che la salvezza dell’essere umano è opera esclusiva di Dio, pone fine alla competizione con noi stessi e con gli altri. Non dobbiamo dimostrare più di essere più bravi, di essere migliorati, di essere più buoni, non dobbiamo dimostrarlo. Dio ci ha liberati in Cristo, Dio ha guardato a noi e il suo sguardo benevolo e misericordioso ci ha contagiato della sua giustizia. Non della nostra, della sua giustizia!

Scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani: “Dov’è dunque il vanto? Esso è escluso”. Non c’è vanto, non c’è merito. C’è solo la grazia, c’è solo l’amore, l’opera di Dio in noi e negli altri. In noi e negli altri, e non “in noi ma non negli altri”: in noi e negli altri.

Il vanto è escluso, anche nel giorno della Riforma, anche se molti di noi sono convinti che la Riforma sia stato un avanzamento per la chiesa e per l’umanità, anche se pensiamo che, in qualche maniera, lentamente, dalla Riforma siamo arrivati a un mondo plurale, più rispettoso delle differenze, più giuste, un mondo che si è posto la povertà come problema e non come destino, e come problema la affronta.

Il vanto è escluso. E lasciate i bambini intagliare le zucche, lasciate i cattolici essere cattolici. Perché? Perché non diventeranno migliori, se diventeranno come noi.

Lutero ci ha liberato dal potere del clero, Lutero vi ha liberati da chiunque salga su un pulpito, come me. Salgo sul pulpito per favorire l’ascolto della Parola, non per mostrarmi superiore a voi. E se io avessi qualche dubbio a riguardo, voi siete stati educati a non averne. Quello lì che sale sul pulpito al massimo è uno più preparato di me, ma non è meglio di me, non è più santo di me, le sue preghiere non valgono più delle mie, non è più vicino a Dio di me, perché Dio non è lassù, Dio è qui, nel mio cuore, nel mio intimo, nella mia carne, dove mi ha incontrato in Cristo.

Lutero ci ha liberato, o meglio Dio ci liberato tramite Lutero, da questa relazione di potere. Non ricadiamo negli stessi temi, vantandoci di meriti non nostri.

Vi ho detto, però, che Lutero relega la competizione a un livello più basso. Ovvero, è possibile migliorarsi, è possibile combattere la buona battaglia, correre la buona gara.

Ho segnalato oggi tre delle 95 tesi, che rileggo:

43. Si deve insegnare ai cristiani che è meglio dare a un povero o fare un prestito a un bisognoso che non acquistare indulgenze.

44. Poiché la carità cresce con le opere di carità e fa l’uomo migliore, mentre con le indulgenze non diventa migliore ma solo più libero dalla pena.

45. Occorre insegnare ai cristiani che chi vede un bisognoso, e trascurandolo dà per le indulgenze, si merita non l’indulgenza del papa ma l’indignazione di Dio.

Essere elevati da Dio e non dai nostri sforzi o dalle nostre capacità, ci permette di essere alti, ma non altezzosi. Chi è altezzoso, non guarda al proprio livello né al livello più basso. Chi è altezzoso, guarda al punto di fuga e spera in cuor suo di esser guardato, come l’attore che recita Amleto col teschio di Yorick in mano, al centro del palcoscenico.

L’elevazione di Dio, la sua benevolenza nei nostri confronti, la giustificazione per fede, deve avere in noi la conseguenza di farci notare il bisognoso, chi ha più bisogno di noi. Non per averne merito! La tesi 45 di Lutero non ci dice che dare da mangiare al bisognoso ci porta in paradiso, mentre ignorarlo ci porta all’inferno: ormai quel discorso è superato. La tesi 45 di Lutero parla di indignazione di Dio. L’indignazione non è condanna, è altra cosa, l’indignazione è tra pari. È come se volesse dire: “Ma come? Io guardo a te con benignità e tu ignori il bisognoso? Ma non ti vergogni? E tu giochi così a fare il giustificato? È questo che intendi con vivere per fede?”

Oggi è un giorno di festa, ed è un giorno pericoloso, ma Dio ci rende adulti nell’affrontare i pericoli. Possiamo soccombere nei pericoli. Possiamo vedere nei pericoli delle opportunità, delle occasioni. Cosa significa per noi commemorare la Riforma protestante? Cosa significa domani, domani mattina? Sono disposto a metter da parte competizioni, meriti, giudizi, vanto? Sono pronto a vedere nell’altro non un competitor, un concorrente, ma un fratello, una sorella come me? Sono pronto a riconoscere che Dio è Padre di tutte e tutti noi e, allora, tra noi non c’è primo della classe, neanche se sono protestante?

Questa è stata la Riforma del Cinquecento, o almeno parte di essa.

Sta a noi oggi decidere cosa è la Riforma oggi, cosa significa guardare a Lutero come un antenato nella fede, cosa significa continuare oggi nel percorso di discepolato da lui indicato, senza padroni, con un unico Signore, il Signore della libertà. Amen.

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Intervista di Susanna Ricci a Mariano Brusca per RBE-Radio Beckwith Evangelica (dal minuto 14 circa)

Riforma Protestante tra libri, opere d’arte, musei e fumetti

 

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