Dieci anni senza Panascia


Oggi cade il decimo anniversario della morte di Pietro Valdo Panascia. Impossibile riassumere l’impatto del suo ministero a Palermo in poche righe. Eppure vogliamo provarci, perché fare memoria è uno dei doveri del cristiano.

Nato a Reggio Calabria nel 1910, consacrato pastore valdese nel 1937, ha servito le chiese di Genova Sampierdarena, Campobasso e Messina. Membro della Tavola Valdese, l’organo di governo della Chiesa Valdese a livello nazionale, per ben due mandati (è successo a pochi): 1948-52 e 1956-63. Nel 1956 diventa pastore della Chiesa Valdese di Palermo e vi resta per 14 anni, fino al 1970. Lavora per trasformare il centenario Istituto Valdese nell’attuale Centro Diaconale “La Noce”, l’opera più grande della Chiesa Valdese in Italia. Dirige l’opera in Via Giovanni Evangelista Di Blasi/Piazza Noce tra il 1970 e il 1983, fondando anche la seconda Chiesa Valdese della città nei locali del Centro Diaconale. Si “ritira” dal ministero a 73 anni. Muore il 20 ottobre 2007 a 97 anni.

Sarebbe ingiusto ricordare Pietro Valdo, dimenticando la grande donna che lo ha accompagnato tutta una vita e che a lui è sopravvissuta, Pina Pintaldi, che è un esempio della “classica” moglie di pastore — soprattutto per le generazioni precedenti alla prima consacrazione di due donne pastore valdesi nel 1967. Non solo una compagna di vita, non solo un sostegno del ministero del marito, ma una vera e propria figura pastorale, non formale, ma sostanziale.

Panascia consolida la Chiesa Valdese di Palermo, costruendo i presupposti per il riconoscimento dell’autonomia da parte del Sinodo del 1961, nell’anno del centenario della sua fondazione. Le chiese autonome sono quelle comunità che, all’interno della Chiesa Valdese, hanno autonomia finanziaria e numero di membri superiore a 150. A differenza delle altre chiese valdesi, le chiese autonome non ricevono il pastore dalla Tavola Valdese, ma lo eleggono. A sud di Roma, Palermo è l’unica chiesa valdese autonoma.

Nel 1963 Panascia fece scalpore con la “Iniziativa per il rispetto della vita umana”, un manifesto contro le stragi mafiose — nel particolare, si riferiva alle stragi di Ciaculli e Villabate — affisso per tutta la città. La chiesa valdese fu la prima chiesa cristiana di Palermo a profetizzare contro la Mafia, al punto da suscitare la reazione stizzita della Segreteria di Stato Vaticana nei confronti dell’allora arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, “reo” secondo il Vaticano di aver lasciato questa sacrosanta battaglia ai valdesi. Il cardinal Ruffini rispose che l’onorabilità della Sicilia andava difesa dalle denigrazioni de “Il gattopardo”, di Danilo Dolci e, appunto, di Panascia e dei valdesi. Proprio con Danilo Dolci, Panascia portò avanti un dialogo e una collaborazione su tematiche di comune interesse. Nel 1968, poi, Panascia — instancabile — si diede da fare anche per le popolazioni terremotate del Belice.

Oggi, come pastore attuale della Chiesa Valdese di Palermo, posso dire di “splendere di luce riflessa”. Decine e decine di cittadini, di ogni estrazione sociale, mi dicono «Ah, lei è il pastore dei valdesi? Io mi ricordo di Panascia!» E la parola enfatizzata è proprio “ricordo”, un ricordo vivo. Il ministero di Pietro Valdo Panascia in questa città è riconosciuto quasi come fosse “episcopale” e la sua memoria è viva ancora oggi, a 61 anni dal suo arrivo a Palermo, a 34 anni dalla sua esercitazione, a 10 anni dalla sua morte. Non a caso il Comune di Palermo ha deliberato il cambio di nome della strada dove è sita la nostra chiesa da Via Spezio a Via Pietro Valdo Panascia. Siamo in attesa di conoscere il responso della Prefettura e dei Beni Culturali, che hanno potere di veto su questo riconoscimento.

Tutto quel che possiamo dire su Pietro Valdo Panascia, però, non deve essere letto come esaltazione della sua figura, ma come riconoscimento dell’azione dello Spirito di Dio nelle nostre vite, non solo la domenica in chiesa, ma nella vita di tutti i giorni, nel contesto quotidiano. Uno Spirito che infonde coraggio per testimoniare la speranza dove la speranza sembra esser del tutto persa, per vivere concretamente l’annuncio della nuova e potente opera creatrice e riconciliatrice di Dio. Uno Spirito che si serve di persone come Pietro Valdo Panascia. Ricordare oggi, a dieci anni dalla morte, il pastore Panascia, significa tenere presente l’amore di Dio per tutte e tutti noi.

Peter Ciaccio

 

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