…un solo Dio, Padre Onnipotente


Riportiamo qui il contenuto della lectio sul Credo Niceno-Costantinopolitano a cura del pastore Peter Ciaccio, secondo appuntamento. Vi aspettiamo mercoledì prossimo 25 ottobre alle 20.30. Al termine è prevista una discussione con i presenti.

Piccola introduzione sulla genesi storica del Credo niceno-costantinopolitano 

Le formulazioni della fede erano usate in ambito liturgico in particolare per l’ingresso dei catecumeni nella comunità di fede. Col moltiplicarsi delle chiese, delle liturgie, delle prassi, si è cercato di trovare delle formule comuni che avessero valore canonico. In altre parole, sono delle formule che determinano l’ortodossia dall’eterodossia o eresia.

Il Simbolo niceno-costantinopolitano viene fatto risalire al Concilio di Nicea (AD 325), che avrebbe varato una formulazione completata dal Concilio di Costantinopoli (AD 381). In realtà questo viene tramandato dal Concilio di Calcedonia (AD 451), celebre per la Formula di Calcedonia che si sofferma su alcuni aspetti della seconda Persona della Trinità. Non è, dunque, chiaro se Nicea prima e Costantinopoli poi abbiano varato dei testi formulati in maniera precisa, anzi sembra che abbiano piuttosto concordato su orientamenti che poi il Simbolo esplicita coerentemente. [NOTA: in fondo a questo testo, troverete sia la Formula di Calcedonia sia il Credo Pseudo-Atanasiano, testi antichi in conformità al Simbolo niceno-costantinopolitano]

Il Concilio di Nicea, presieduto dall’imperatore Costantino, si riunisce per discutere dell’arianesimo. Ario sosteneva che la natura di Cristo fosse inferiore alla natura del Padre e che, dunque, la Parola di Dio fosse una creazione successiva all’Essere di Dio. Anche se Ario passa come il padre degli antitrinitari, in realtà non lo era: la sua trinità era però diversa, perché il Figlio era subordinato al Padre e non consustanziale [su questo particolare torneremo necessariamente nelle prossime settimane, quando si parlerà, appunto, della seconda Persona].

Il Concilio di Costantinopoli viene convocato dall’imperatore Teodosio per affrontare le continue divisioni dottrinali nella chiesa, a partire da un ritorno importante dell’arianesimo, cui si aggiungeva una dottrina che negava la divinità della terza Persona, detta “Pneumatomachia”. Il risultato della discussione conciliare è riflesso nel Simbolo.

Tra Costantinopoli e Calcedonia c’è il Concilio di Efeso (AD 431), convocato da Teodosio II, che, per affermare la divinità di Cristo, recepirà il “Theotókos” (portatrice o madre di Dio) riferito a Maria. Anche su questo torneremo nelle prossime settimane, perché è quantomeno interessante che un titolo cristologico sia diventato, invece, in Occidente uno dei fondamenti della mariologia.

Il Concilio di Calcedonia, convocato dall’imperatore Marciano, affronta la questione dei monofisiti, ovvero coloro i quali ritengono Cristo di natura solo divina.

Da notare che tutti questi concili si riuniscono a Oriente, vero centro del cristianesimo dei primi secoli, rispetto al quale Roma aveva un ruolo sì patriarcale, ma marginale. Non solo, da Occidente pochi furono i delegati ai Concili. Le divisioni politiche tra Oriente e Occidente, unite alla marginalità di quest’ultimo, porteranno a una strategia “separatista” in funzione di emancipazione e pretesa egemonia. Il Simbolo niceno-costantinopolitano farà parte delle contese, con l’aggiunta del Filioque a Occidente a simboleggiare e sostanziare la divisione tra “cattolici” e “ortodossi”.

Una considerazione personale a margine. Ogni cristiano dovrebbe essere allo stesso tempo “cattolico”, “ortodosso” ed “evangelico”, ovvero dovrebbe avere un’apertura universale al di là dell’identità locale e/o particolare, restare nell’ambito delle dottrine stabilite nei primi concili ecumenici, e attingere sempre alla Buona Notizia (all’Evangelo), così come testimoniato nelle Scritture dell’Antico e Nuovo Testamento. Purtroppo, nei secoli queste tre caratteristiche fondamentali del cristiano sono state spezzettate e rivendicate in particolare da una famiglia confessionale. L’ecumenismo degli ultimi due secoli dovrebbe servire a rimarginare anzitutto questa ferita esistenziale, prima ancora di prospettare unità organiche tra chiese separate.

...un solo Dio, Padre Onnipotente

Il “solo” Dio è un richiamo diretto ed esplicito alla fede del popolo d’Israele e al momento del dono delle Tavole della Legge sul Sinai, in particolare riferendosi ai primi quattro comandamenti.

«(I) Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me.

(II) Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

(III) Non pronunciare il nome del SIGNORE, Dio tuo, invano; perché il SIGNORE non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano.

(IV) Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al SIGNORE Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né lo straniero che abita nella tua città; poiché in sei giorni il SIGNORE fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il SIGNORE ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato» [Esodo 20, 2-11].

Il “SIGNORE” reso con le maiuscole dalla Nuova Riveduta è la traduzione del Tetragramma, cioè del Nome di Dio. Nelle Scritture ebraiche il Nome di Dio è scritto con quattro consonanti, ma non è pronunciabile, in osservanza del terzo comandamento. Solitamente quando il lettore si trova davanti al Tetragramma, lo legge “Adonai”, corrispondente a “Signore”. Nelle traduzioni protestanti una variante interessante è data da “L’Eterno”, in voga soprattutto nelle versioni in lingua francese, che si trova anche nella traduzione italiana Riveduta del 1927.

I primi quattro comandamenti (secondo la numerazione protestante), la cosiddetta prima delle due tavole della Legge, normano la relazione tra il credente e Dio, tra il popolo e Dio. È evidente che tale relazione ha carattere esclusivo. Scomodando una metafora matrimoniale — metafora non originale, ma tradizionale — si tratta di una relazione monogamica. C’è solo un Dio, a tal punto che l’articolo nel nostro uso è andato pian piano a cadere: c’è solo Dio.

C’è solo un Dio che opera la liberazione. Nella visione classica mediorientale dei tempi in cui nasce la fede nel SIGNORE, gli dei parteggiavano per un popolo contro altri popoli, rispecchiando le plurime relazioni umane. Non necessariamente un popolo è contro tutti gli altri, ma a volte si allea con altri contro altri ancora. Così gli antichi dei. Questo tipo di relazione tra essere umano e sfera divina si rispecchiava, poi, non solo nei rapporti tra popoli, ma anche all’interno di uno stesso popolo. Ecco allora la dea del raccolto, il dio del mare, il dio della guerra, cui rispettivamente il contadino, il marinaio e il soldato potevano fare affidamento. Residuo di questo modo di relazionarsi con la sfera soprannaturale è nell’ancora perdurante culto cattolico dei santi. Non è chiaramente la stessa cosa da un punto di vista teologico, ma da un punto di vista antropologico è un fenomeno analogo.

Il Dio d’Israele batte gli dei d’Egitto, e fin qui potrebbe apparire nella norma dello schema politeistico: ogni popolo ha il suo dio e oggi ha vinto il SIGNORE, il Dio d’Israele. Tuttavia, non tanto nei Dieci Comandamenti, quanto nel complesso dell’Antico Testamento, appare evidente che il SIGNORE non è il Dio d’Israele come Iside, Api e Osiride erano dei d’Egitto. Non è il Dio della “lobby”. È l’unico Dio. Il popolo d’Israele è il custode di tale rivelazione. È un popolo eletto per questa funzione: in tutto il mondo, tra tutti i popoli, almeno un popolo sa che un solo Dio è reale e che gli altri sono finti.

Da qui deriva l’attributo di onnipotenza. Non è che c’è un ambito dove è competente un’altra divinità: il SIGNORE è competente su tutto, agisce su tutto, esercita su tutto il suo potere. Gli antichi dei non erano onnipotenti, pur avendo delle gerarchie, perché c’erano comunque dei limiti da rispettare, limiti imposti da altre divinità, dal supposto libero arbitrio dell’essere umano o dal fato. Quando, invece, Dio sceglie di non intervenire è perché si autolimita, non perché è limitato da fattori esterni.

La liberazione dalla schiavitù, la rottura radicale di relazioni ingiuste ma consolidate tra esseri umani è l’atto supremo col quale Dio afferma la sua Signoria esclusiva.

Se il concetto non fosse chiaro, interviene il secondo comandamento: io sono un Dio geloso e non accetto che altro prenda il mio posto o si affianchi a me nel tuo cuore. Un Dio geloso, passionale, vivo, capace di arrabbiarsi molto, ma di perdonare moltissimo.

L’esclusiva di Dio si manifesta anche nel divieto di pronunciare il suo Nome. La pronuncia del Nome, infatti, minaccia la Signoria esclusiva di Dio. Se io posso pronunciare il suo Nome, infatti, posso reclamare di averne possesso. Pronunciare il suo Nome, oggettivizza, relativizza, rende superfluo o superabile il suo essere.

Infine, la Signoria esclusiva di Dio si manifesta anche nella nostra vita quotidiana. Come diciamo noi, a volte, quando ci chiama qualcuno, magari anche mia moglie o mio figlio? «Aspetta, sto lavorando». Neanche il lavoro può prendere il posto di Dio nel tuo cuore. Vedete che non c’è bisogno di arrivare a parlare di Mammona: Dio, il SIGNORE, ti ferma ben prima.

Nella visione universalista del cristianesimo la Signoria esclusiva di Dio deve essere mantenuta. Sul resto possiamo essere inclusivi, su Dio no. E, come ci insegnano i primi quattro comandamenti, non si tratta di un’esclusività rispetto a pretendenti dichiaratamente divini. Sei tu che rischi di crearti degli dei, senza accorgertene, elevando concetti o questioni anche materiali a livello normante nel tuo cuore.

Se mi consentite degli esempi, c’è chi minaccia la Signoria esclusiva con la cultura (o meglio, con l’incultura): “Prima gli italiani”. Oppure con una visione etica e morale: “Difendiamo la famiglia tradizionale”. Oppure ancora con il dovere: “Eseguo gli ordini”. I nemici, gli attentatori alla Signoria esclusiva di Dio non sono, almeno oggi, Osiride, Nettuno o Odino. Non c’è bisogno che siano divinità per essere trattati come tali da noi.

Non è banale dire «Crediamo in un solo Dio» e, come ci suggerisce il primo comandamento, il solo Dio è il fondamento della nostra libertà.

PER APPROFONDIRE

Credo Atanasiano
(o meglio Pseudo-Atanasiano, conosciuto anche come “Quicumque”)

Chiunque voglia salvarsi deve anzitutto possedere la fede cattolica [NOTA: “cattolica” significa “universale”: non si riferisce alla Chiesa Cattolica Romana, che non esisteva allora, come la conosciamo oggi].
Colui che non la conserva integra ed inviolata perirà senza dubbio in eterno.
La fede cattolica è questa: che veneriamo un unico Dio nella Trinità e la Trinità nell’unità.
Senza confondere le persone e senza separare la sostanza.
Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio ed altra quella dello Spirito Santo.
Ma Padre, Figlio e Spirito Santo hanno una sola divinità, uguale gloria, coeterna maestà.
Quale è il Padre, tale è il Figlio, tale lo Spirito Santo.
Increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo.
Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo.
Eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo
E tuttavia non vi sono tre eterni, ma un solo eterno.
Come pure non vi sono tre increati né tre immensi, ma un solo increato e un solo immenso.
Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo.
Tuttavia non vi sono tre onnipotenti, ma un solo onnipotente.
Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio.
E tuttavia non vi sono tre Dei, ma un solo Dio.
Signore è il Padre, Signore è il Figlio, Signore è lo Spirito Santo.
E tuttavia non vi sono tre Signori, ma un solo Signore.
Poiché come la verità cristiana ci obbliga a confessare che ciascuna persona è singolarmente Dio e Signore, così pure la religione cattolica ci proibisce di parlare di tre Dei o Signori.
Il Padre non è stato fatto da alcuno: né creato, né generato.
Il Figlio è dal solo Padre: non fatto, né creato, ma generato.
Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: non fatto, né creato, né generato, ma da essi procedente.
Vi è dunque un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli, un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi.
E in questa Trinità non v’è nulla che sia prima o poi, nulla di maggiore o di minore: ma tutte e tre le persone sono l’una all’altra coeterne e coeguali.
Cosicché in tutto, come già è stato detto, va venerata l’unità nella Trinità e la Trinità nell’unità.
Chi dunque vuole salvarsi, pensi in tal modo della Trinità.
Ma per l’eterna salvezza è necessario credere fedelmente anche all’Incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo.
La retta fede vuole, infatti, che crediamo e confessiamo che il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo.
È Dio, perché generato dalla sostanza del Padre fin dall’eternità; è uomo, perché nato nel tempo dalla sostanza della madre.
Perfetto Dio, perfetto uomo: sussistente dall’anima razionale e dalla carne umana.
Uguale al Padre nella divinità, inferiore al Padre nell’umanità.
E tuttavia, benché sia Dio e uomo, non è duplice ma è un solo Cristo.
Uno solo, non per conversione della divinità in carne, ma per assunzione dell’umanità in Dio.
Totalmente uno, non per confusione di sostanze, ma per l’unità della persona.
Come infatti anima razionale e carne sono un solo uomo, così Dio e uomo sono un solo Cristo.
Che patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, il terzo giorno è risuscitato dai morti.
E salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, e di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti.
Alla sua venuta tutti gli uomini dovranno risorgere nei loro corpi e dovranno rendere conto delle proprie azioni.
Coloro che avranno fatto il bene andranno alla vita eterna: coloro, invece, che avranno fatto il male, nel fuoco eterno.
Questa è la fede cattolica, e non potrà essere salvo se non colui che l’abbraccerà fedelmente e fermamente.

Formula di Calcedonia

Perciò, seguendo i santi Padri, noi tutti di unico accordo insegniamo agli uomini di conoscere uno e lo stesso Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, completo nella Divinità e nell’umanità allo stesso tempo, autenticamente Dio ed autenticamente uomo, essendo completo di un’anima razionale e di un corpo; di una sostanza con il Padre per quanto riguarda la sua divinità e allo stesso tempo di una sostanza con noi per quanto concerne la sua umanità; come noi in tutti gli aspetti eccetto che nel peccato; quanto alla sua divinità generato dal Padre prima dei tempi, ma per la sua umanità generato per noi uomini e per la nostra salvezza da Maria la Vergine, la portatrice di Dio (NOTA: Θεοτόκος “Theotókos”, tradotto tradizionalmente come “madre di Dio”); uno e lo stesso Cristo, Figlio, Signore, Unigenito, riconosciuto in due nature, senza confusione, senza cambiamento, senza divisione, senza separazione; la distinzione tra le nature non è affatto annullata dall’unione, ma piuttosto le caratteristiche di ciascuna natura sono conservate e procedono assieme per formare una persona ed un subsistenza, non divise o separate in due persone, ma uno solo e lo stesso Figlio e unigenito Dio la Parola, Signore Gesù Cristo; come anche i profeti dagli antichi tempi hanno parlato di lui e il nostro Signore Gesù Cristo stesso ha insegnato di se stesso e il Credo dei Padri ci ha lasciato in eredità.

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