Sermone di domenica 7 Agosto 2016


Efesini 2, 4-10

A cura di Delia Allotta

Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (E’per grazia che siete stati salvati) e ci ha risuscitati con lui, ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù, per mostrare nei tempi futuri l’immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù. Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede ; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo.

 

Il mese scorso si sono conclusi gli esami di maturità e la maggior parte di noi, o per esperienza personale o indiretta, conosce quale ansia, quale trepidazione ha accompagnato ragazze e ragazzi che si sono trovati a sostenere quella prova. Ricordate la preoccupazione prima di consegnare alla commissione d’esame il compito di italiano, di latino o di matematica? Ritrovarsi a correggere, vedere, rivedere ecc. per raggiungere almeno la sufficienza che ci avrebbe permesso di essere ammessi agli orali? Adesso proviamo invece ad immaginare, come sarebbe stato bello, se su quel foglio avessimo ricevuto già un ottimo voto prima ancora di iniziare a scriverci sopra! Oppure soffermiamoci a pensare a come sarebbe fantastico se il nostro datore di lavoro ci versasse anticipatamente lo stipendio sul conto corrente all’inizio del mese anziché alla fine, o se ricevessimo la pensione senza ancora averne i requisiti!

Ovviamente, ricevere qualcosa prima di meritarsela, denota che la persona che ce la offre, ha molta fiducia in noi, sa che non la deluderemo.  Così è il caso di Dio nei nostri confronti: Egli ci dà anticipatamente amore, perdono, salvezza perché sa già che saremo in grado di fare le opere buone che egli ha precedentemente preparate. Non saranno necessari i nostri sforzi, le nostre buone opere, le penitenze, le rinunce, i sacrifici per ottenere la grazia; ma il processo è inverso, in quanto noi faremo bene ogni cosa come risposta a chi ha messo in noi la sua fiducia.

Talvolta questi processi inversi ci destabilizzano; sapere di non poter fare niente per contribuire alla nostra salvezza, può mortificare il nostro io, la nostra innata presunzione di intelligenza, pensiero creativo, la nostra autonomia… Come è già avvenuto in passato tra filosofi, teologi e pensatori vari sia religiosi che laici. Questo concetto che Dio ci salva per grazia mediante la fede, da una parte ci delude, se siamo alla ricerca di fare grandi opere per guadagnarci la salvezza, per sentirci giusti come il fariseo della parabola che abbiamo ascoltato, dall’altra, ci risolleva e ci gratifica il pensiero di sapere che non siamo procacciatori di grazia, ma al contrario uomini e donne già graziati.

La maggior parte di noi donne, per esempio, siamo abituate a ordinare e pulire se poi vogliamo goderci una casa tirata a lucido, i giovani universitari studiano e si impegnano al massimo per ottenere la laurea con centodieci e lode, i ballerini, gli attori provano e riprovano la loro parte per dare il meglio sul palcoscenico ecc. ecc. Un po’ tutti siamo abituati a fare bene il nostro lavoro se vogliamo essere elogiati; quasi tutti ci aspettiamo sempre una ricompensa per le nostre azioni, in fondo siamo come gli animali, per esempio i cani che quando riportano la selvaggina o scovano la droga si aspettano cibo e coccole. Ma Dio non ci premia per le nostre azioni, non esiste la meritocrazia alla quale un po’ tutti siamo abituati, il metro di Dio non è il nostro, il criterio usato dal Padre celeste non è quello umano. Ci possiamo affannare tutta la vita in mille opere di misericordia, ma non ci possiamo salvare da soli vanificando così la croce di Cristo; a cosa sarebbe infatti servito il suo sacrificio se noi fossimo stati in grado di salvarci autonomamente?

Questi pochi versetti sono un condensato di concetti importanti, parole impegnative ecc. C’è per esempio come un breve credo: Eravamo morti nei peccati, Dio ci ha risuscitati, ci ha fatti sedere nel cielo con Cristo Gesù. Questo versetto esprime con chiarezza quella che viene chiamata escatologia realizzata. Non sono più le cose che avverranno ma sono già avvenute, siamo cioè già stati salvati, non siamo costretti a conquistarci la salvezza con i nostri sforzi ma dobbiamo soltanto rispondere alla grazia di Dio con le nostre buone opere, non deludere le sue aspettative.

Sono versetti densi di termini importanti: misericordia, amore, grazia. Una triade inscindibile che esprime chiaramente cosa è Dio: Dio è misericordia ma anche grazia e amore. Raccontare Dio significa raccontare la sua misericordia, scrive il teologo Protestante P. Ricca nella Bibbia si legge che Dio fa misericordia (Rm.6,18) si  compiace di usare misericordia (Mi.7,18) La misericordia gli appartiene ( Sl.62,12). In fondo il Cristianesimo è la religione della misericordia (etimologicamente èleos che è lo stesso termine di elemosina) cioè pietà, compassione; questo termine è attualmente molto usato in ambito Cristiano, la Chiesa Cattolica ha indetto il Giubileo della misericordia.

Salvati per grazia e non per opere ci costringe a non comportarci come il fariseo che si affanna a compiere le buone opere (elemosina, digiuno, decima ecc.) Ricordiamo che il pio Ebreo doveva rispettare la Torah, la Legge con tutti i suoi innumerevoli precetti comprese le opere di misericordia. In seguito l’apostolo Paolo scriverà che non è la Legge a salvarci, a renderci giusti ma soltanto Dio può farlo.

Parlare di salvezza per grazia e non per opere in una Chiesa Protestante o a sorelle e fratelli a maggioranza protestanti, può apparire un argomento trito e ritrito, è come dire: Cara sorella, caro fratello, nel caso lo avessi dimenticato, ti ricordo che Dio ti salva per la sua immensa grazia e non per le tue opere, è un dono che ricevi. Eppure, nonostante tutti abbiamo questa consapevolezza, non è superfluo, spesso infatti le nostre opere diventano la nostra giustizia, ci danno l’impressione di essere a posto, di avere le carte in regola, ci sembra di partecipare ad una raccolta punti dove ogni buona opera è un punto in più per ottenere il premio finale.

Lutero in una lettera scritta nel 1516 ad un altro monaco che seguiva tutte le regole imposte dall’ascesi monastica scriveva: “Guardati dall’aspirare un giorno ad una purezza così grande, da non volere più apparire come peccatore davanti a te stesso, anzi a non volerlo più essere. Cristo infatti abita solo tra i peccatori, per questo è sceso dal cielo, dove abitava tra i giusti per prendere dimora tra i peccatori. Se dobbiamo giungere alla pace con i nostri sforzi e le nostre penitenze, perché mai Egli è morto? Perciò troverai pace in Lui soltanto e imparerai da Lui che come Egli ha accolto e ha fatto suoi i tuoi peccati, così ha fatto tua la sua giustizia

Sappiamo che Lutero temeva Dio come un giudice severo, talvolta vendicatore e quando leggeva della sua giustizia la intendeva come un castigo per i peccati che cercava di espiare con veglie, digiuni, preghiere e varie mortificazioni corporali quando all’improvviso il versetto della Lettera ai Romani “Il giusto vivrà per fede “ (Rm1, 17) fu per lui come un ‘illuminazione: Dio nella sua infinita misericordia ci rende giusti, riconcilia a sé l’uomo peccatore mettendolo in un nuovo rapporto con Lui. Mi sentii rinascere e mi parve si spalancassero per me le porte del Paradiso esclamò il Riformatore. Noi oggi, come figli della Riforma, dobbiamo ricordare che tutto ci è dato come un dono immeritato e inaspettato! Sola gratia, soltanto per grazia, uno dei cinque pilastri del Protestantesimo (sola scriptura, sola gratia, sola fide, solus Christus, soli Deo gloria).

Predicare oggi la grazia di Dio in mezzo agli attacchi terroristici, le guerre, gli omicidi e ogni sorta di episodi cruenti, diventa un’impresa titanica e si ha l’impressione di parlare di qualcosa che non appartenga più al nostro mondo violento e disumanizzato. Come diceva il fratello Renato Salvaggio la scorsa settimana durante il suo sermone, molti si chiedono dove sia Dio. Dov’è Dio? E’una domanda ricorrente alla luce degli episodi di questi ultimi mesi, ma anziché chiederci dove sia Dio dovremmo chiederci: Dov’è l’uomo? Quell’uomo che Dio ha creato a sua immagine e al quale ha affidato l’intero Creato compresi i suoi simili affinché li custodisse. Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione – dice il Signore – scegli dunque la Vita, affinché viva tu e la tua discendenza (De 30, 19b). Cosa abbiamo scelto? Cosa ne abbiamo fatto dell’immensa grazia di Dio? Abbiamo sperperato un tesoro che ci veniva offerto in dono senza chiederci nulla in cambio, se non il comportarci come uomini nati di nuovo, siamo vissuti come se Cristo non fosse mai venuto!

Se Lutero intese la salvezza come liberazione dalle fiamme dell’inferno e l’apostolo Paolo come affrancamento dalla Legge, da che cosa l’uomo, la donna del terzo millennio si sente salvato/a? Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre (Cl 1,13) Le nostre tenebre sono oggi l’indifferenza, il razzismo, lo sfruttamento del prossimo, l’attaccamento al denaro, la durezza del nostro cuore ( sclerocardia ) che è il contrario della misericordia (miserere cor)

Sorelle e fratelli, ricordandoci di essere donne e uomini depositari del grande amore di Dio, facciamo un buon uso della sua grazia. Concludo leggendo una preghiera dell’Africa dell’ Ovest : Sono contento perché tu mi hai accolto, caro Signore, alle volte non so cosa fare di tutta la mia gioia. Io nuoto nella tua grazia come una balena nell’Oceano. Come dice il proverbio “Un oceano non si asciuga mai.” Così sappiamo che la tua gioia non verrà mai meno. Caro Signore, la tua grazia è la nostra gioia. Alleluia!”   Amen

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