Sola Fide non significa fede senza opere


Predicazione del pastore Peter Ciaccio sul testo di Giacomo 2,14-26, durante il culto di domenica 20 ottobre 2019 presso la chiesa valdese di Palermo.

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada? Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Uno dei motivi per cui mi piace essere figlio della Riforma protestante è che i nostri “santi”, cioè i padri e le madri nella fede, non sono resi perfetti dalla chiesa, ma anzi vengono ricordati per quello che erano: uomini e donne come noi, con i loro pregi, i loro difetti, col loro peccato (se vogliamo dirla tutta) e con qualche cosa di importante da tramandarci.

Questo ha diverse ricadute positive sul nostro presente cristiano. Se uno che amava l’osteria come il professor Martin Lutero è diventato Lutero, allora anche io nella mia mediocrità potrò essere qualcuno non solo agli occhi di Dio, ma anche nella testimonianza ai miei fratelli e alle mie sorelle. Se uno come Zwingli, il riformatore di Zurigo, è morto impugnando una spada in guerra ed è comunque diventato Zwingli (e non ci sarebbe la Santa Cena come la celebriamo noi senza Zwingli), allora io che litigo col mio vicino di casa posso ancora essere un buon cristiano.

Essere santi non è una cosa per pochi, non è un concorso per poche migliaia di posti, non è un test a numero chiuso: tutti e tutte noi possiamo aspirare a diventare santi, cioè a essere in relazione con Dio. Tutte e tutti noi possiamo aspirare a essere ricordati dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle per una parola, per un’azione, anche solo per quell’unica volta nella nostra vita in cui abbiamo veramente fatto la cosa giusta.

Questa è la prima ricaduta positiva: anche noi possiamo, anche la gente comune può essere speciale, non solo le persone speciali, non solo i grandi uomini e le grandi donne, ma ognuno e ognuna di noi può avere un posto importante nella vita della chiesa.

La seconda è che possiamo guardare ai nostri padri e madri nella fede con libertà e spirito critico. I santi protestanti sono criticabili e sono sottoposti al giudizio della Storia, altrimenti non sarebbero né santi né protestanti.

E Lutero sul testo di oggi diceva qualcosa di profondamente sbagliato. Egli chiamava la Lettera di Giacomo “La lettera di paglia”. La detestava. Negli studi di cosa intendesse dire Lutero con “lettera di paglia” ho letto soprattutto la versione della lettera da bruciare. Eppure io quando penso alla lettera di paglia, penso alla fiaba dei tre porcellini. Anche se è una delle poche fiabe nordiche che non dovrebbe avere origine germanica, sicuramente la morale è antica. Vi propongo oggi, insomma, di guardare alla paglia come materiale da costruzione.

Integrando la visione di Lutero alla morale della fiaba dei tre porcellini, la chiesa costruita con la paglia crolla facilmente e mette chi la abita in balia del Lupo Cattivo (o del Male, se preferite), mentre, invece, la chiesa costruita coi mattoni, con le pietre, con la Parola, con la Sola Gratia, regge e protegge chi la abita. Sarà un paragone azzardato, ma sono sicuro che a Lutero sarebbe piaciuto!

Dunque, secondo Lutero o, più modestamente, secondo la mia interpretazione di Lutero, la chiesa che si costruisce con la Lettera di Giacomo, in particolare col versetto: «Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto», è una chiesa debole, che espone i cristiani all’attacco famelico del Maligno.

Sì e no. Sì, è vero, ma anche no, non è sufficiente dire questo.

Da Lutero in poi, si è vista una contrapposizione tra la teologia di Paolo, della salvezza per sola grazia tramite la sola fede, e la teologia di Giacomo, secondo cui servono anche le opere. Questa contrapposizione non è stata utile, questa contrapposizione è stata come quella parte della fiaba dei tre porcellini in cui i tre fratelli litigano su chi ha ragione riguardo a come si costruisce la casa.

Anzitutto, dobbiamo ricordarci di quando scrive Giacomo e di quando scrive Lutero. Lutero scrive nell’epoca della vendita delle indulgenze, della svendita, del 3×2, della monetina che compra il merito di qualcun altro (di uno dei pochi santi) per salvare l’anima di un caro defunto. Ricordiamo che la prassi contrastata da Lutero era quella di poter acquistare dietro pagamento la buona azione compiuta da qualcun altro.
Possiamo onestamente dire che Giacomo avrebbe sostenuto la vendita e svendita delle indulgenze? No di certo. E dunque la sua lettera non lo sostiene.

In secondo luogo, dobbiamo ricordarci cosa è successo nella Germania degli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo. Né i 40 milioni di protestanti, discendenti (se me lo passate) del porcellino che costruiva la casa coi mattoni, né i 40 milioni di cattolici, discendenti (se mi passate anche questa) del porcellino che costruiva la casa con la paglia, si sono accorti di come il Male fosse entrato in casa loro, di come li abbia devastati e divorati, di come li abbia impossessati e di come abbia fatto far loro cose che fanno venire i brividi.

Solo poche migliaia di cristiani hanno resistito ed erano quelli che avevano compreso che Paolo e Giacomo non si contrappongono, ma si compensano. E, se chiedete a un costruttore, le case solide, generalmente, non si costruiscono solo con un materiale, ma hanno bisogno dei vantaggi di diversi materiali. In altre parole, la chiesa non si costruisce solo di paglia o solo di mattoni, ma si costruisce di paglia e di mattoni.

Pertanto, una chiesa solida e protetta il più possibile è quella dove hanno ragione sia Paolo sia Giacomo. Se è vero, anzi verissimo, che basta la sola grazia di Dio per la salvezza di ognuno e ognuna di noi, che non c’è bisogno di alcun “aiutino” (da parte nostra o di un santo che ci vende il merito in surplus), se è vero che le nostre opere nulla possono aggiungere alla grande opera di salvezza che il Padre opera nel Figlio e che ci viene comunicata per la potenza dello Spirito Santo, se tutto questo è ultra-vero, è altrettanto vero che a noi sta la scelta se vivere questa salvezza già nella nostra vita, qui e ora, oppure solo per la vita a venire. E non c’è altro modo di viverla, qui e ora, se non vivendo di conseguenza alla nostra scelta di fede, facendo del bene, dicendo la parola giusta, amando il prossimo, a partire da chi mi sta seduto vicino oggi sulla panca della chiesa o domani sull’autobus.

Dice Paolo: «Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini». Potremmo immaginare a questa dichiarazione di Paolo un complemento di Giacomo: «Se noi speriamo in Cristo solo per la vita a venire, siamo già morti». Come morti erano tutti quei cristiani, che andavano in chiesa regolarmente la domenica, ma poi avevano degli schiavi a casa o magari se li portavano pure in chiesa; come morti sono tutti quei cristiani che pensano che l’appartenenza, l’identità a una fede, a una chiesa, a una tradizione religiosa, per quanto nobile e giusta, sia sufficiente per questa vita. Sono morti non perché non sono cristiani (che è un modo troppo sbrigativo di chiudere la controversia), ma perché hanno sbagliato il materiale con cui costruire la propria casa e la propria chiesa, è arrivato il Lupo Cattivo, è arrivato il Male, e li ha subito sopraffatti.

Riflettiamo bene sulle parole di Giacomo, nella nostra vita personale e nella nostra vita di comunità, nella nostra esperienza di chiesa. Coniughiamo la fede nella totale sufficienza della grazia di Dio per la nostra salvezza con la necessità, e sottolineo necessità, di vivere bene, di operare bene, di fare esperienza materiale, concreta dell’amore che il Signore ci comanda, che altro non è che il riflesso dell’amore che Egli prova per noi: quello è il materiale giusto col quale costruire la mia vita, la mia casa, la mia chiesa. L’amore di Dio e l’amore per il prossimo, lo stesso amore. E vedrete che il Lupo Cattivo farà molta difficoltà ad abbattere la casa e alla fine dei suoi sforzi non ci sarà riuscito. E l’amore di Dio trionferà nella vita a venire e nella vita qui e ora.

Amen

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