La diversità è il presupposto della libertà


Predicazione sul testo di Genesi 11,1-9, a cura del pastore Peter Ciaccio, in occasione del culto di ringraziamento per il XVII Febbraio, Festa della Libertà, tenutosi il 17 febbraio 2020 presso il Centro Diaconale – Istituto Valdese “La Noce” di Palermo, in partnership con la chiesa valdese di Palermo Via Spezio, la chiesa valdese di Palermo Noce e la chiesa metodista di Palermo.

La stessa predicazione (con alcune modifiche) è stata pronunciata nel culto del 23 febbraio presso la chiesa valdese di Pachino (Siracusa), in occasione della visita del Consiglio di Circuito.

Tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole.
Dirigendosi verso l’Oriente, gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Scinear, e là si stanziarono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamo dei mattoni cotti con il fuoco!» Essi adoperarono mattoni anziché pietre, e bitume invece di calce. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra». Il Signore discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini costruivano. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è il principio del loro lavoro; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l’uno non capisca la lingua dell’altro!» Così il Signore li disperse di là su tutta la faccia della terra ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babel, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la faccia della terra. (Genesi 11,1-9)

Sarebbe bello se tutti parlassimo la stessa lingua, non parlo necessariamente della lingua italiana, intendo il linguaggio, quello che vogliamo dire. Sarebbe bello che tutti ci capissimo al volo. Nessun fraintendimento, nessun problema. Sappiamo bene quante incomprensioni possono esserci. Sappiamo bene che questo luogo dovrebbe scoppiare di persone: mi vengono in mente diversi volti di persone che dovrebbero essere qui con noi, ma che per incomprensioni hanno preferito andare per un’altra strada.

Pensiamo anche al lavoro che da un paio di decenni le chiese valdesi e la chiesa metodista di Palermo fanno sul progetto detto “Essere chiesa insieme”, che è nato proprio qui, a Palermo: persone di diversa lingua e cultura che si riconoscono nello stesso Vangelo, nello stesso Credo, che cercano di capirsi, di comprendersi a vicenda.

C’è chi parla due lingue, chi addirittura tre o forse più, e cerca di fare da ponte, da mediatore. E non sempre basta, anzi. Ma lo vediamo anche quando parliamo la stessa lingua e non ci capiamo. Nascono conflitti, spesso sul nulla, mentre altre volte la differenza linguistica e culturale è semplicemente occasione per nascondere questioni più profonde, molto più universali, come l’autorità e il potere.

Ma, se parlassimo tutti e tutte la stessa lingua, se nascessimo già imparati, non ci sarebbero scuse per confliggere, saremmo tutti e tutte allo stesso livello. Sì, certo, ma per fare cosa? Probabilmente una cosa senza senso come la Torre di Babele. Il racconto della Genesi non si limita a spiegare l’origine della diversità delle lingue, ma prende una chiara posizione etica e morale. La diversità è un bene, è addirittura segno della liberazione operata dal Signore.

La diversità è il presupposto per la libertà.

Questa affermazione probabilmente non suscita molte emozioni in questo luogo. Lo sapevamo già. Chi questa sera è in questo luogo conosce già il valore della diversità. Ma fuori di qui? Fuori di qui c’è chi si lamenta se una cittadina italiana ha la pelle troppo scura e non parliamo della sfera personale della sessualità: senza scomodare le persone omosessuali, pensate alla pressione che una giovane coppia eterosessuale subisce rispetto alla genitorialità. Vi sbrigate a fare un figlio? Che vi siete sposati a fare?

Fare, fare, fare, l’ossessione del fare, la tentazione del fare, come nella Torre di Babele.

L’occasione per riunirci oggi è la fine della Torre di Babele religiosa in Italia: 172 anni fa un re firmò un documento in cui si concedeva ai valdesi di essere italiani. Qualche settimana fece lo stesso con i ebrei. Sì, lo so, c’è un piccolo anacronismo: non era ancora il re d’Italia né lo sarebbe diventato proprio lui, Carlo Alberto, e il suo provvedimento aveva valore solo nei suoi territori, che corrispondevano a circa un quarto, un quinto dell’attuale stato italiano.

Ma, per noi che viviamo in Italia, quell’atto, quelle Regie Lettere Patenti sono alla base della libertà religiosa nel nostro paese, pur non riconoscendo effettivamente la libertà religiosa. Parliamo di libertà civili, parliamo di cittadinanza, ancora c’era da camminare ben 136 anni. La piena libertà religiosa delle nostre chiese valdesi e metodiste è stata acquisita nel 1984 con la firma della Legge d’Intesa. Per gli ebrei il cammino andò peggio, molto peggio: nel 1938 persero i diritti civili e ancora oggi c’è chi li considera dei pariah, c’è chi considera il loro voler mantenere un’identità propria, una memoria propria, un’idea propria di religione, c’è chi considera tutto ciò un motivo per colpevolizzarli: “non sono io ad avercela con gli ebrei, ma sono loro a ostinarsi ad essere diversi”, sembrerebbero dire questi loschi figuri.

Restiamo un attimo sugli ebrei. La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia ci invita a riflettere questo XVII Febbraio sull’antisemitismo, perché è il paradigma, è il modello di ogni discriminazione. Quale sarebbe la colpa degli ebrei? Il loro essere diversi: il sabato, la circoncisione, l’ebraismo che si tramanda di madre in figlio e in figlia, il loro fare comunità, il loro appartenere a un popolo transnazionale, il loro fare memoria. Vedete perché è paradigma? Perché ogni discriminazione e persecuzione, ogni fake news, ogni bersaglio, che siano le donne, gli omosessuali, i curdi, i rom, gli stranieri, i musulmani, sembra essere modellato sull’antisemitismo.

E questo i valdesi lo avevano capito secoli prima di altri: l’Israele delle Alpi, il Ghetto Alpino, il popolo-chiesa, la diaspora. Il linguaggio dei valdesi rivela il riconoscimento della sofferenza degli ebrei come modello della propria sofferenza e nell’incredibile resistenza degli ebrei la propria resistenza.

L’accusa di essere diversi, di non conformarsi a un modello politico-religioso, l’accusa di essere strani, di non essere comprensibili: vedete come torna la Torre di Babele? Quello che Dio dichiara buono, gli uomini col potere dichiarano cattivo. Ecco che è sempre più chiaro perché la Torre di Babele era soprattutto un attentato alla signoria di Dio.

Torniamo al 1848, quando il re stabilisce che la diversità religiosa non è più un problema. Si può credere diversamente dal re: il re può essere cattolico e il suddito può essere valdese o ebreo e il regno tiene, sta in piedi lo stesso, anzi, il regno ha solo da beneficiare da tale atto.  La contaminazione religiosa rese grande il Piemonte: furono infatti le influenze protestanti a rendere Cavour un gigante della politica europea del tempo. Cavour assunse il principio della separazione tra chiese e stato dai colloqui che ebbe col pastore riformato svizzero Alexandre Vinet. Lo stesso Vinet ebbe rapporti col pastore valdese Jean Pierre Meille, che portò il Risveglio alle Valli e fu pastore a Torino, fondando, tra le altre cose, la casa editrice Claudiana, affinché, potremmo dire oggi, neanche Torre Pellice sia una Torre di Babele, se mi passate la battuta.

La distruzione della Torre di Babele religiosa italiana non è stata fine a se stessa, ma è servita per costruire. Come nel racconto della Genesi, dove l’umanità stessa è ri-generata sostanzialmente dal momento in cui i costruttori sono scesi dalla Torre.

La diversità è il presupposto della libertà. Non dimentichiamolo. Non a caso, il fascismo ha perseguito l’omogeneità dell’Italia: solo fascisti all’Università, in Parlamento, nei giornali e, da lì, si è arrivati alla pulizia etnica degli slavi, la colpevolizzazione di chi parlava tedesco o francese, l’espulsione degli ebrei dal tessuto sociale del paese, aprendo loro le porte dei campi di sterminio.

La diversità è il presupposto della libertà, ma la tentazione dell’omogeneità è sempre dietro l’angolo. Ecco perché anche se sarebbe bello che parlassimo la stessa lingua, è invece giusto che ci assumiamo la fatica della comprensione dell’altro, è invece giusto che accolga l’altro, l’altra sì come uguale a me, ma, allo stesso tempo, nella sua diversità.

Nel riconoscere la diversità dell’altro, riconosco la diversità di Dio, che è altro da me. I costruttori della Torre di Babele volevano raggiungere Dio non solo nel senso del movimento “andare verso Dio”, ma soprattutto volevano raggiungerlo nel senso che volevano essere suoi pari. E così tutti quelli che hanno perseguito un fanatismo religioso o politico: nell’eliminare chi, secondo loro, non doveva vivere, essi si sostituivano di fatto a Dio.

E ancora oggi c’è chi costruisce Torri di Babele: mafiosi, terroristi e fascisti, e anche chi vuole costruire imperi fondati sul denaro che crea denaro. Non una sola Torre, ma un panorama, uno skyline di Torri di Babele, apparentemente diverse, ma in realtà parte di un unico progetto: eliminare la diversità, dominare il prossimo e sostituirsi a Dio.

La diversità è il presupposto della libertà: siamo liberi e libere dai fanatici che si sostituiscono a Dio, siamo liberi e libere di abbracciare il prossimo, per costruire qualcosa di importante e non il solito banale e ridondante remake della Torre di Babele.

Appendice: 

Le Regie Lettere Patenti 

Carlo Alberto,
per grazia di Dio,
re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme,
duca di Savoia, di Genova,
principe di Piemonte,
Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni Valdesi, i Reali Nostri Predecessori hanno gradatamente e con successivi provvedimenti abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente restringevano le loro capacità civili. E Noi stessi, seguendone le traccie, abbiamo concedute a que’ Nostri sudditi sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e larghe dispense dalla osservanza delle leggi medesime.
Ora poi che, cessati i motivi da cui quelle restrizioni erano state suggerite, può compiersi il sistema a loro favore progressivamente già adottato, Ci siamo di buon grado risoluti a farli partecipi di tutti i vantaggi conciliabili
con le massime generali della nostra legislazione.
Epperciò per le seguenti, di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio,
abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:
I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici de’ Nostri sudditi;
a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, ed a conseguire i gradi accademici.
Nulla è però innovato quanto all’esercizio del loro culto ed alle scuole da essi dirette.
Date in Torino, addì diciassette del mese di febbraio, l’anno del Signore mille ottocento quarantotto
e del Regno Nostro il Decimottavo. 

[Qui il video realizzato per l’occasione palermitana da Maghweb https://www.youtube.com/watch?v=fOTn06oil7A; anche le foto in questa pagina sono di Maghweb]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *